Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende offrire un contributo al dibattito istituzionale, attualmente in corso, sulla necessità di dare attuazione all'ordinamento di Roma capitale, la cui disciplina è rimessa dall'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, ad una legge dello Stato.
      Com'è noto, ormai da tempo sono state prospettate in materia diverse soluzioni, ma solo in questa legislatura il tema sembra essere tornato d'attualità. Nei mesi scorsi, le commissioni Affari costituzionali della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica hanno svolto un'approfondita indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma della parte seconda del titolo V della Costituzione e, in tale contesto, è stata riproposta la questione di Roma capitale.
      Recentemente è, inoltre, intervenuto il disegno di legge governativo per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alle disposizioni del citato titolo V della parte seconda della Costituzione - cosiddetto «codice delle autonomie» (atto Senato n. 1464) - comprendente norme, oltre che sull'istituzione delle città metropolitane, anche sull'ordinamento di Roma capitale della Repubblica. Tuttavia, l'opportunità di agire attraverso lo strumento delle deleghe, assai ampie e numerose sul tema, non appare qui condivisibile in quanto non consente la possibilità di intervenire tempestivamente.
      Al contrario, in considerazione della peculiarità della città di Roma e dell'esigenza di darle un'immediata regolamentazione sul modello di altre capitali europee, è auspicabile un'iniziativa legislativa che, al proprio interno, definisca in concreto gli assetti istituzionali di Roma capitale, anche al fine di risolvere gli specifici problemi che la riguardano.

 

Pag. 2


      Ciò premesso, le principali ipotesi che sono state avanzate in merito alla forma istituzionale del nuovo ente possono così sintetizzarsi:

          a) trasformazione del comune di Roma in una regione a statuto speciale staccata dalla regione Lazio e costruita sul modello del distretto federale;

          b) formazione della regione Lazio in tre distinte realtà regionali (Roma capitale, Lazio nord e Lazio sud);

          c) coincidenza del costituendo ente di Roma capitale con il comune di Roma;

          d) istituzione della città metropolitana di Roma;

          e) istituzione di una città metropolitana «speciale» inserita in una regione che gode di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione.

      Quest'ultima ipotesi, in particolare, sembra la più accreditata dagli studiosi ma, per la sua applicazione, è necessario attivare un procedimento costituzionale.
      A tale proposito, lascia perplessi la possibilità di conferire a Roma capitale un potere regolamentare anche in deroga a specifiche disposizioni legislative, così come previsto dall'articolo 5, comma 2, lettera e), del citato disegno di legge atto Senato n. 1464. Questo tipo di competenza, così come l'attribuzione al nuovo ente di funzioni e di poteri costituzionalmente riservati ad altri soggetti, richiede, infatti, una legge di rango costituzionale.
      La proposta di una «regionalizzazione» di Roma capitale - ovvero di uno «scorporo» di essa dalla regione Lazio e di una sua trasformazione in regione da aggiungere all'elenco dell'articolo 131 della Costituzione - appare senza dubbio quella meno percorribile.
      Infatti, qualora il comune di Roma venisse ad assumere tale connotazione, si porrebbe il problema dell'identità e della sopravvivenza sia della provincia di Roma che della regione Lazio. Una volta privati del perimetro urbano di Roma, questi enti si troverebbero costretti a recidere il complesso delle relazioni esistenti tra tessuto urbano e provinciale, nonché tra questi e quello regionale. La stessa regione Lazio rischierebbe di scomparire, dal momento che si ridurrebbe ad essere costituita da due segmenti distanti e disarticolati tra loro.
      Anche il modello consistente nella formazione della regione Lazio in distinte realtà regionali (tra cui quella di Roma capitale) sembra da escludere. L'ipotesi non solo appare in contrasto con le tendenze che, da tempo, si registrano sul territorio per la realizzazione di regioni più grandi, ma non soddisfa neanche il requisito del milione di abitanti per regione richiesto dall'articolo 132 della Costituzione.
      Non convince neppure la tesi della coincidenza del costituendo ente di Roma capitale con il comune di Roma. Dalla mancanza nel terzo comma dell'articolo 144 della Costituzione del riferimento al termine «città», si deduce che la stessa nozione di Roma - richiamata nella disposizione costituzionale - non deve necessariamente coincidere con il comune di Roma. Al di là delle questioni interpretative, il riferimento al solo livello comunale è da considerare insufficiente per un adeguato sviluppo del territorio e per un soddisfacimento dei bisogni della comunità locale, tenuto conto degli stretti legami che si determinano tra l'area urbana e le aree circostanti con essa integrate.
      L'ipotesi accolta dalla presente proposta di legge è quella relativa all'istituzione della città metropolitana di Roma, ossia la creazione di un ordinamento autonomo e differenziato nel quale si organizzano sia le funzioni comunali che quelle provinciali.
      Questo modello determina la scomparsa sia del comune di Roma che della provincia di Roma (articoli 1 e 2, comma 2, primo periodo). Pertanto, la città metropolitana di Roma acquisisce le funzioni della provincia e ad essa si applica la disciplina prevista per questi enti dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (articolo 2, comma 3).
      Il territorio della città metropolitana di Roma è fatto coincidere con quello della

 

Pag. 3

provincia di Roma (articolo 2, comma 2, secondo periodo).
      Diversamente, come è stato sostenuto, se la città metropolitana avesse un ambito territoriale non coincidente con quello provinciale si verificherebbero gravi conseguenze. Da una parte, la sopravvivenza di una provincia di Roma distinta dalla città metropolitana comporterebbe una proliferazione dei livelli territoriali di governo, con inevitabili sovrapposizioni e conflitti di competenze; dall'altra parte, l'ipotesi di far confluire nelle altre province i comuni non rientranti nella città metropolitana è vista con sfavore. Ben difficilmente, infatti, questi ultimi accetterebbero di vedersi esclusi dal nuovo ente dotato di uno status particolare e di favore anche per i comuni che ne fanno parte.
      In ogni caso, anche il comune di Roma, nella sua connotazione storica, è destinato a scomparire.
      La presenza nel nuovo sistema integrato di un vero e proprio «gigante amministrativo» - quale il comune di Roma - presenta dei rischi. Il caso di Parigi, che è contemporaneamente comune e dipartimento, ha dimostrato come l'ente più forte tenda a «fagocitare» la città metropolitana. In ogni caso, si verrebbe a determinare un evidente squilibrio tra il comune di Roma ed i restanti comuni della città metropolitana in termini di patrimonio, mezzi, personale, popolazione amministrata e complesso delle funzioni esercitate.
      Parallelamente, l'assetto delineato dalla presente proposta di legge determina una valorizzazione dei municipi esistenti, i quali, da mere «circoscrizioni di decentramento comunale», sono trasformati negli enti locali maggiormente prossimi ai cittadini, ossia in enti in grado di rappresentare la propria comunità, di curarne gli interessi e di promuoverne lo sviluppo.
      Ai municipi costituiti nel territorio del comune di Roma si applica la disciplina dei comuni contenuta nel citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (articolo 2, comma 4).
      Ad essi si affiancano i comuni costituiti nel territorio della provincia di Roma, cui continua ad applicarsi la normativa prevista dal medesimo testo unico per questo tipo di enti locali (articolo 2, comma 5).
      Il successivo comma 6 dell'articolo 2 stabilisce che la città metropolitana di Roma, nonché i comuni e i municipi che ricadono nel suo territorio ispirano la loro azione e i loro rapporti ai princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e leale collaborazione.
      Il principio di sussidiarietà, in particolare, comporta il trasferimento di una serie di funzioni verso il basso; come già ricordato, i comuni e i municipi diventano gli enti di primo livello in grado di cogliere e di soddisfare le esigenze di base della collettività (verde pubblico, polizia locale, igiene pubblica, commercio e artigianato).
      La valorizzazione del principio di adeguatezza, invece, fa sì che una serie di funzioni (trasporti locali, sanità, gestione dei rifiuti) siano gestite in modo integrato, avendo come riferimento un'area globalmente interconnessa come quella della provincia di Roma.
      Dal punto di vista dell'organizzazione istituzionale della città metropolitana di Roma, l'articolo 3 della presente proposta di legge individua i seguenti organi:

          a) il sindaco metropolitano, eletto a suffragio universale diretto da tutti i cittadini compresi nel territorio della città metropolitana (comma 2);

          b) il consiglio della città metropolitana, composto da novanta consiglieri eletti in collegi uninominali secondo il sistema vigente per l'elezione del consiglio provinciale (comma 3);

          c) la giunta metropolitana, nominata e presieduta dal sindaco metropolitano (comma 4).

      Ad essi si affianca il consiglio dei sindaci dei comuni e dei municipi della città metropolitana (comma 6). Tale organismo costituisce uno snodo essenziale: esso è chiamato a rappresentare la sede nella quale gli enti territoriali minori possono partecipare alle determinazioni di Roma capitale, secondo forme e con effetti particolari.
      Nell'ordinamento di Roma capitale, il consiglio della città metropolitana resterebbe il baricentro dell'ordinaria attività amministrativa.

 

Pag. 4


      L'articolo 4 individua le funzioni della città metropolitana di Roma. Il nuovo ente risulta titolare sia delle funzioni proprie delle province - e di quelle a queste conferite dalle leggi statali e regionali - sia delle funzioni comunali che, per sussidiarietà e adeguatezza, richiedono un esercizio unitario a livello metropolitano.
      I comuni e i municipi della città metropolitana, invece, svolgono tutte le funzioni amministrative proprie dei comuni e quelle a questi conferite dalle leggi statali e regionali.
      L'articolo 5 designa i rapporti tra la città metropolitana di Roma e la Santa Sede.
      L'articolo 6 istituisce la Conferenza per Roma capitale. L'organo, che vede tra l'altro la partecipazione del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri di volta in volta competenti, svolge compiti sia di coordinamento che deliberativi (intesa sul programma degli interventi e sul relativo piano finanziario; accordo sull'elenco delle opere o degli impianti da realizzare; accordo sull'ammontare del contributo ordinario che lo Stato annualmente trasferisce alla città metropolitana di Roma).
      L'articolo 7 disciplina il contenuto del programma degli interventi per lo sviluppo di Roma capitale. Gli interventi in esso definiti interessano l'intero ambito territoriale della città metropolitana e possono essere di varia natura (patrimonio edilizio, parchi archeologici, tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, università e centri di ricerca, potenziamento del sistema congressuale, fieristico ed espositivo, interventi a favore dell'industria del cinema, della comunicazione e della multimedialità, trasporto pubblico, potenziamento del sistema portuale e aeroportuale della capitale eccetera).
      Ai sensi dell'articolo 8, il programma degli interventi è predisposto da un apposito organismo - denominato «Ufficio per Roma capitale» (articolo 10) - sulla base delle proposte avanzate dalle amministrazioni statali, dalla regione Lazio, dai comuni e dai municipi della città metropolitana, dagli enti e dai soggetti gestori dei servizi pubblici, nonché da altri soggetti pubblici e privati.
      Il programma - che ha una durata triennale - è deliberato dal consiglio della città metropolitana, previa intesa raggiunta in seno alla Conferenza per Roma capitale.
      Il finanziamento degli interventi previsti dal programma è posto a carico dello Stato per le opere di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, e a carico della regione Lazio per le opere di rispettiva competenza (comma 5).
      Le opere di stretta competenza della città metropolitana, nonché dei municipi e dei comuni della medesima città sono, invece, da questi direttamente finanziate (comma 6).
      L'articolo 9 attribuisce alla città metropolitana di Roma le funzioni relative alla realizzazione delle opere e degli impianti di interesse nazionale o di competenza di altre amministrazioni ed enti statali o della regione Lazio. A tale fine è predisposto annualmente un elenco delle opere pubbliche, secondo le previsioni del programma degli interventi.
      L'articolo 10 istituisce l'Ufficio per Roma capitale - posto alle dirette dipendenze del sindaco metropolitano - al quale sono affidati la predisposizione e l'aggiornamento del programma degli interventi nonché il monitoraggio degli stessi.
      L'articolo 11 disciplina la finanza della città metropolitana di Roma. È previsto che il nuovo ente disponga del gettito dei tributi riferibile al suo territorio; esso, inoltre, può istituire imposte e tasse sul turismo, nonché tributi di scopo per il più adeguato perseguimento delle proprie funzioni.
      L'articolo 12 determina il contributo che annualmente lo Stato trasferisce per Roma capitale alla città metropolitana di Roma.
      L'articolo 13 reca la copertura finanziaria.
      Gli articoli 14 e 15, infine, contengono le disposizioni transitorie e finali.
 

Pag. 5